Tecnica mista su ferro
125x250 cm
Arsy (F) 1864 – Clemont 1942 (78)
Fu artista delicata e devota all’arte fino ad una dedizione quasi mistica, nella quale infine smarrì infine il senso della realtà e la ragione. Séraphine nacque in una famiglia molto umile di profonda fede cristiana e nel corso della sua vita conservò sempre vivo il ricordo della natura, dei campi, dei fiori selvatici, di cui senz’altro ci ha parlato con i suoi quadri, carichi di fiori vellutati. Dipingeva fino allo sfinimento, di notte, alla luce di una lampada ad olio. Dipingeva e pregava, forse parlando con voci che immaginava di sentire. Venne assunta a servizio in varie case in cambio di vitto e alloggio; di questo periodo Séraphine dirà «facevo i miei lavori neri», forse intendendo contrapporli ai lavori colorati: di giorno quelli neri, di notte i colorati, come se i suoi ritmi fossero ribaltati, le luci invertite, per una pittura segreta. Recuperava tele e colori come meglio poteva, spesso rinunciando a qualche razione di cibo. Séraphine dipingeva da sola, imparando come poteva,cosicchè la sua passione si esprimeva liberamente.
Il mercante Uhde fu la prima persona che la incoraggiò e la riconobbe come artista. Restarono legati per tanti anni per rapporti di lavoro. Lui la sostenne anche in periodi molto difficili dovuti alla guerra e all’internamento di Seraphine in manicomio, per la mania di persecuzione nella quale era caduta.
A causa delle sue condizioni economiche, Seraphine creava con le proprie mani i colori con cui dipingeva. La sua sagoma la ritrae con un profilo rivolto verso l’alto in segno di devozione, ma con un colore rosso che le cola sul viso: un colore fatto con il sangue di bue, la materia prima che trovava facilmente nelle macellerie.